LA PARABOLA DELL'ASINO Don Silvio Favrin
“Quando vedevo arrivare al mulino di mio padre i contadini con i loro asini, mi ero affezionato soprattutto al piccolo e affamato asino di Piero Bataron. Un giorno per consolare il mio pianto, perché l'asino aveva divorato una manica del mio giubbotto, Piero mi raccontò la storia che “una volta l'asino si trovò davanti a una strada lunga e dritta, come la Postumia che va da Genova a Trieste. L'animale si piantò e non volle andare avanti, perché pensava che lui non poteva camminare fino in fondo, dove non si vedeva nemmeno la fine della strada, persa tra la nebbia.
Per questo i contadini da allora hanno costruito le strade di campagna con tante curve: da qui fino al Capitè1, e il musso pensa: fin là posso arrivare e titic-titoc arriva al Capitèl; dopo la svolta la strada continua fino dai Mostaci, e lui pensa: fin là posso arrivare ... Così, un tratto di strada dopo l'altro, arriva a casa...”
Da allora ho spesso ricordato e incontrato l'amico asino. E quando tentai di cavalcarlo fui immediatamente catapultato via, facendo un volo che solo il mio poco peso rese indenne. Pensai che la pazienza dell'asino, espressa dal suo occhio mite, ha un limite e anche lui sa difendere la propria libertà, molto più di un cavallo che tronfio si lascia cavalcare per il comodo del padrone, che lo porta anche a morire in battaglia.
Quella degli asini é la fierezza degli umili, capaci di difendere con dignità la loro famiglia e la loro storia.”