LA SPERANZA DI DON PAOLO Don Silvio Favrin

“Per comprendere l'umanità, la spiritualità, le opere e la pedagogia di don Paolo Chiavacci é necessario cogliere la radice di ogni suo interesse e di ogni sua scelta. Lui partiva da Dio e voleva arrivare a Dio. E voleva dire a tutti che Dio é una "cosa grande”; e voleva che tutti godessero della “amorosissima paternità” di Dio. I passi della sua vita sono cadenzati sul ritmo delle salite alpine, vere "ascesi" del corpo e dello spirito, e la direzione é sempre orientata verso la ricerca e l'incontro con Dio, e il Dio con tutte le sue creature: un cammino da alpino come su un sentiero di montagna che ad ogni svolta rivela visioni nuove, come il procedere della luce sulla meridiana fino alla pienezza del nuovo giorno pasquale.

Noi , suoi compagni di scuola in seminario nel 1943, eravamo protetti da regole precise, da ritmi e orari che ci facevano vivere in una dimensione dove tutto era previsto, e dove tutto doveva continuare seguendo una "sacrosanta tradizione" per formare un tipo di prete secondo lo spirito dei santi concili e del Diritto canonico, vale a dire un prete ben definito negli atteggiamenti, nella devozione e nel sacrificio e perfino nel modo di pensare e di parlare. Per noi dunque la presenza di Paolo Chiavacci, un uomo di 30 anni che si presentava come laico e adulto con le sue esperienze e una sua spiritualità, ex avvocato, ex tenente degli Alpini, ex combattente in Albania, fu il primo di molti "segni" che ci rivelarono la novità dello Spirito nella vita e nella nostra storia. Per noi iniziò con Paolo un confronto educativo e liberante, che troverà in Papa Giovanni XXIII e nel Concilio il suo compimento la sua definizione teologica.

La vita di don Paolo era la celebrazione quotidiana “sull'Altare della terra” di una Eucaristia che raccoglieva il lavoro, il dolore e le attese del mondo e “dava voce a ogni sua creatura”.

Perciò la sua morte fu l'Amen e l'Alleluia pasquale di questa sua quotidiana celebrazione; il “segno” estremo offerto a tutti noi, come un seme gettato con fiducia nel solco del nostro vivere spesso alienato e schizofrenico."

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